The English Game, il ritratto di un calcio ai primordi e lo specchio della società del tempo

È disponibile su Netflix, dal 20 marzo, la miniserie televisiva britannica creata da Julian Fellowes, Tony Charles ed Oliver Cotton. The English Game narra la vera storia della nascita del calcio.

The English Game: il calciatore Fergus Suter durante una partita con il Blackburn

Inghilterra, 1879. Il pallone è agli albori e le regole le mette in pratica chi le ha inventate: loro, gli inglesi. Poco più di trent’anni prima, infatti, si era tenuta la storica riunione a Cambridge durante la quale i rappresentanti di vari college e scuole inglesi hanno messo per iscritto le principali regole del calcio. A questa riunione parteciparono anche rappresentanti del prestigioso Eton College, ed i protagonisti di questa miniserie sono proprio i vicini discendenti. Nasce così la prima forma di Football: un passatempo, un divertimento, uno svago ed uno sport per i nobili dal sangue blu, che rappresentavano la maggior parte delle squadre impiegate nella già famosa FA Cup. Tra questi vi è Arthur Kinnaird, figlio di un Lord con affari nel campo della produzione di tessuti, abile attaccante e vincitore per due volte consecutive della coppa d’Inghilterra. Ma il calcio non appartiene ad una specifica classe sociale: il calcio è di tutti. Il calcio è del popolo.

Potevano partecipare alla coppa, infatti, anche squadre composte da semplici operai. Mal visti dagli aristocratici, non arrivavano mai lontano nella competizione, anche perché erano più poveri (e quindi mal nutriti) e costretti a lavorare moltissime ore quasi tutti i giorni (e quindi non avevano possibilità di potersi allenare) rispetto agli avversari. Questa volta, però, gli operai non ci stanno: James Walsh, il padrone di una fabbrica di cotone a Darwen, è disposto a qualsiasi cosa pur di vincere l’FA Cup ed entrare nella storia. Ingaggia, infatti, due giocatori scozzesi, Jimmy Love e soprattutto Fergus Suter. È lui l’altro protagonista della miniserie. Per il concetto di tattica che c’era ai tempi, aveva sicuramente delle idee fuori dal comune. Fu uno dei primi, infatti, ad introdurre il concetto secondo il quale doveva essere il pallone a dover scorrere tra una parte e l’altra del campo con dei passaggi, anche all’indietro (mentre invece tutti andavano sempre in avanti, correndo ammucchiati dietro la palla), parlando di “ampiezza” e “profondità”. Diventerà presto capitano della squadra, instaurando con gli etoniani di Kinnaird un’accesa rivalità che va ben oltre il semplice fatto sportivo.

Qualcosa stava già cambiando: una prima forma di professionismo

The English Game: Arthur Kinnaird in azione

The English Game è una miniserie storicamente accurata che si occupa delle origini del calcio inglese, ma anche una storia di come il calcio divenne sia un primo strumento di business che un simbolo di un avvicinamento delle classi, di un dialogo fra ceti sociali opposti che prima di esso non sarebbe stato possibile.

Uno dei protagonisti, infatti, Fergus Suter, arrivò dalla Scozia con l’amico Jimmy Love per risollevare le sorti della piccola squadra di operai. I due vennero pagati per giocare a calcio. Una cosa mai vista prima, peccato mortale a quei tempi. Ecco perché è stato il primo passo verso il professionismo: gli aristocratici avevano vietato ogni forma di pagamento perché vedevano il calcio come un semplice hobby, ma non avevano capito che solo loro avevano il tempo di potersi allenare tranquillamente e molte ore durante il giorno, visto che gli operai erano costretti a lavorare. Questo è stato uno dei motivi che ha portato un proprietario della fabbrica di Darwen ad acquistare i due scozzesi. Presto, tante altre persone lo imitarono: tra queste vi fu un certo Cartwright, presidente del Blackburn, che acquistò a sua volta i due scozzesi dal Darwen, il quale intuisce nel calcio non solo una forma di business, vendendo i biglietti per la partita, ma anche un potenziale di grande spettacolo di intrattenimento. L’antagonismo fa bene agli affari” dice a un collega. “Non ho mai visto persone così felici” gli fanno notare. “È questo il punto: questo gioco è tutto per loro” risponde. Aveva intuito che, per persone che lavoravano dalla mattina alla sera, cinque giorni su sette, quella partita era l’unico momento di svago e avrebbero fatto di tutto pur di non perdersela. Fu uno dei primi, insomma, a pensare che il calcio potesse essere un ingranaggio inserito in un meccanismo più grande: perché non è solo questione di sport ma di simboli, di comunità, di aggregazione, di battaglie che in qualche modo e in qualche forma vanno combattute. Cioè tutto quello che solitamente le persone non appassionate non riescono proprio a capire. In questo scenario, il calcio smette di essere un semplice passatempo e diventa una parte importante di collante all’interno di una comunità, attraverso cui far parlare mondi troppo distanti.

E sarà proprio un personaggio come Arthur Kinnaird, prima star del calcio e destinato a diventare presidente della FA per lungo tempo, a cambiare le cose, a dimostrarsi, pur stando dalla parte dei potenti, lungimirante e illuminato.

Non solo calcio: capitalismo, rivendicazioni salariali e scioperi

The English Game: una scena della serie

The English Game è una serie fatta apposta per piacere a una larga fetta di pubblico. Prima di tutto agli appassionati di calcio, quelli che in questi giorni sono orfani del campionato e della Champions League, ma anche i nostalgici del calcio di una volta, quel calcio che adesso non c’è più e che hanno visto soltanto in vecchie foto in bianco e nero. È tutto entusiasmante, anche la ricostruzione: maglie a tinta unica fatte da un tessuto spesso e pesante, i pantaloni appena sotto il ginocchio, a volte lunghi e a volte tenuti su dalle bretelle, e scarponi ai piedi. E poi le porte di legno naturale, con i pali quadrati e senza la rete a raccogliere i palloni finiti alle spalle del portiere. Evidentemente, però, non è tutto qui, perché The English Game racconta anche qualcosa in più: molto spazio viene dedicato al racconto delle tensioni fra una nobiltà avvolta sui propri privilegi, menefreghista nei confronti delle classi inferiori, e un popolo tormentato quotidianamente che vive alla giornata, ma sempre meno disposto a lasciar correre.
Ci sono ragazzi ormai adulti, come Fergus e Arthur, che faticano, per un motivo o per l’altro, ad uscire dall’ombra di padri ingombranti. Ci sono giovani donne che vorrebbero essere madri e non possono, come la moglie di Arthur, e madri che hanno dei figli e fanno fatica a mantenerli, come Martha. Il risultato è una narrazione che tocca tanti tasti diversi, che costruisce uno scenario di personaggi diversi, e che riesce ad emozionare dove deve, sia nel raccontare le storie private dei protagonisti, segnate dalle mille difficoltà di quel tempo, sia nel mostrare la capacità dello sport di contribuire a cambiare la visione del mondo, specie in qualche elemento delle classi benestanti.

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